sabato 19 gennaio 2019

Benvenuti a Marwen


Ieri mi sono accadute due cose in antitesi: stavo vedendo, dopo un paio di mesi non memorabili, un grande film e allo stesso tempo la sorte ha cercato di "sabotarlo". Adesso vi racconto. 
Innanzitutto è sempre speciale vedere l'ultima uscita di Robert Zemeckis, è uno dei pochi  ad avere un preciso tocco autoriale che lo fa riconoscere subito rispetto ad altri registi. 
La storia biografica raccontata è quella di Mark Hogancamp,un sublime Steve Carell, vittima di un pestaggio omofobo da parte di un gruppo di "persone", Mark  andrà in coma e in seguito svilupperà un modo tutto suo di relazionarsi con il mondo. 
Marwen è un paese del Belgio ,abitato da cinque donne, dove si svolgono le avventure del Capitano Hoogie  alle prese con i Nazisti.La piccola città ha una piazza, un bar, un campanile,insomma assomiglia a un qualsiasi paesino, però ha una particolarità: si trova nel giardino  e nella casa di Mark Hogancamp.  


  
Mark colleziona bambole e costruisce loro un dettagliato universo a cui effettua numerose foto artistiche. Egli tratta i suoi piccoli amici come se fossero delle persone vere, parla con loro, li mette a dormire e soprattutto grazie alla sua fantasia, il suo mondo prende vita e assistiamo alle avventure del Capitano Hoogie, in un favoloso mix di animazione e realtà. 
"Benvenuti a Marwen" è un'emozionante ode alla solitudine, alla diversità e alla fantasia; a tutte le persone a cui la vita ha riservato solo drammi. Mark scappa dalla realtà e si rifugia con i suoi amici a Marwen,tuttavia il suo mondo non è alternativo alla vita. Le donne di Marwen sono ispirate da persone che Mark  realmente conosce: "Nicol l'artigliera" e "Anna la sovietica" per esempio sono  una signora russa che lo aiuta con le pillole e gli fa la spesa e la sua nuova attraente vicina di casa. Quindi il mondo di Marwen non è una semplice alternativa della vita reale, i pupazzi  sono portatori di valori propri di un essere umano, amano e hanno paura della morte. Proprio Capitan Hoogie, valoroso ed eroico alter ego di Mark, da lui inventato per salvarsi da una spietata esistenza, paradossalmente avrà un ruolo fondamentale aiutandolo a compiere il suo percorso nella vita reale.  


 Il regista di "Forrest Gump" ci ha regalato un film che merita di essere visto.Una commovente opera che con la sua umanità tocca le corde più sensibili e profonde dello spettatore. In un tempo di produzioni cinematografiche standardizzate e con poche idee, "Benvenuti a Marwen" è " qualcosa di originale, differente e unico, una miscela di realtà e spettacolo" parole di Robert Zemeckis. 
Per me è stato un film diverso da tutti gli altri anche perchè, purtroppo, si è bloccato e oscurato, quasi verso la fine, il proiettore in sala e non abbiamo visto circa sette minuti. Anche se ho visto tutto il finale ero davvero triste e di cattivo umore per questo inconveniente. Si è interrotta tutta la magia che il film aveva creato e ciò mi ha, in parte, rovinato un'opera che sentivo poteva già competere per essere una delle migliori dell'anno. Tuttavia non posso dimenticare l'emozione della sequenza iniziale e quel goffo e impacciato quarantenne che  solitario, dopo aver vissuto una grande avventura tra nazisti, aerei e scontri a fuoco, torna a casa, portando con se i suoi amati giocattoli. Perciò ho scelto lo stesso di recensire il film, lo dovevo alla vera storia del fotografo e artista  Mark Hogancamp.  
  


VOTO: non disponibile a causa dei problemi sopra elencati, lo rivedrò completo appena sarà possibile, per adesso non c'è voto anche se sarebbe stato molto alto.



giovedì 17 gennaio 2019

Vice - L'uomo nell'ombra

Finalmente ho inaugurato l'anno cinematografico, ieri ho visto "Vice". Era da circa due settimane che non andavo al cinema e inoltre avevo sentito parlare bene del film, tra l'altro il regista Adam McKay dopo "La grande scommessa" aveva tutta la mia curiosità.  
Vice" racconta l'ascesa politica di Dick Cheney, interpretato da un camaleontico Christian Bale. Dick da ragazzo problematico cacciato dal college e in seguito semplice operaio, diventerà, durante l'amministrazione Bush Jr. (Sam Rockwell), il più influente Vice Presidente degli Stati Uniti d'America. Sembra un paradosso, ma in realtà il film non si sofferma tantissimo su Dick Cheney, assistiamo alla sua scalata al potere, eppure la sua figura non è approfondita del tutto ne  viene caratterizzata in maniera adeguata.  
  

Difatti ero curioso di riuscire a capire come Dick  pensasse o cosa  lo spingeva ad andare avanti, insomma cercavo l'uomo oltre il  personaggio cinematografico e non lo ho trovato.  Forse e probabilmente in lui vi era sete di potere ma questa non è esplicitata e caratterizzata al meglio; basti pensare a "Il petroliere" o "The Wolf of Wall Street" dove l'avidità di raggiungere il potere è caratterizzata in maniera nettamente migliore. Christian Bale, ingrassato, con i suoi tic e le le sue espressioni è magnifico, tuttavia ritengo che con una sceneggiatura diversa, questo poteva davvero essere il suo ruolo della vita. Non dico che la sceneggiatura è scritta male, però a mio avviso aveva i margini per essere migliorabile.   


  

La peculiarità di "Vice" è che è un biopic girato in maniera del tutto inusuale. Innanzitutto c'è una voice over che ci accompagna durante il film e solo alla fine scopriremo appartenere ad un importante personaggio, vi sono salti temporali avanti e indietro, molti fermi immagine e scritte sullo schermo alla Danny Boyle che ci spiegano una situazione. Inoltre il montaggio è sfrenato, vi sono accostamenti geniali, per esempio, in pochi secondi, si passa dai politici agli squali. Il montaggio è il vero protagonista del film, in una inquadratura rapidissima compare persino un giovane Trump e addirittura a metà del film è inserita "una falsa fine". Così Adam Mckay ci regala un affresco della politica a tratti satirico e grottesco. 
"Vice" è un film che non esita a mostrate i muscoli, con situazioni ad effetto. La prima parte scorre via veloce, la parte centrale è un pò piatta e non molto appassionante, mentre gli ultimi 20 minuti a mio avviso il regista perde un pò la bussola. Forse bisognava tagliare qualcosa perchè, pur essendo solo 2 ore, mi è sembrato lunghissimo, e sono abituato a visioni anche più lunghe e pesanti.  
Nel complesso "Vice" date le attese è stata abbastanza una delusione,è originale, spavaldo e pieno di trovate, però Mckay spinge troppo sull'accelleratore. Tra l'altro poteva benissimo intitolarsi in modo diverso perchè la vera protagonista è la storia politica americana.  

                   
CONSIGLIATO A CHI: Cerca un prodotto originale che stupisca ed è interessato ai retroscena della politica americana.   
NON CONSIGLIATO A CHI: Preferisce biopic classici e lineari.   
                                                   

                                                          VOTO: 6 




martedì 15 gennaio 2019

I miei registi preferiti

Quando guardo un film, il 90% delle volte lo scelgo in base a chi sia il regista. E' emozionante andare al cinema e vedere un film di uno dei tuoi registi preferiti, soprattutto quando egli dirige ancora, sembra di essere cresciuto con lui, e ogni nuova uscita è come vedersi con un amico caro con cui non uscivi più da tanto tempo.
Di seguito la mia Top 10 (+2) 

      
    WOODY ALLEN: le gag, le battute, le idiosincrasie,le commedie sofisticate o più leggere e romantiche, le sedute dallo psicologo, le musiche jazz, le atmosfere da fiaba, i colori caldi, i titoli di apertura uguali da 40 anni, i drammi esistenziali, le fobie, la paura della morte, il nichilismo,il fato, le dinamiche dell'amore di coppia e tante altre tematiche fanno di Woody uno dei miei preferiti. Dal 1982, "Una commedia sexy in una notte di mezza estate", a oggi gira un film all'anno, perchè il cinema è vita.  

    CLINT EASTWOOD: una delle carriere cinematografiche più influenti,icona del pistolero per eccellenza del West è saputo passare dietro la mdp girando grandissimi film di genere quali "High Plains Drifter" e The Outlaw Josey Wales" e "Unforgiven" Per la generazione moderna rappresenta allo stesso tempo due miti quali John ford e John Wayne. Invecchiando depone le armi e dagli anni duemila in poi si reinventa con uno stile asciutto e preciso inconfondibile, regalandoci opere superlative.   

    DARIO ARGENTO: Il Maestro dell'horror, colui che mi ha fatto scoprire e apprezzare questo genere. Le sue opere non sono solamente terrificanti e sanguinose ma si avvalgono anche di una grande scenografia, movimenti di macchina sublimi e colonne sonore agghiaccianti. Basterebbe riguardare i primi venti minuti di "Suspiria" per legittimare il titolo con cui lo ho menzionato sopra, Maestro.   

    ROMAN POLANSKI: Genio del cinema, regista sopraffino, poeta del male, Polanski può girare qualsiasi cosa, un capolavoro del noir  "Chinatown", un thriller classico "Frantic", fobie e ossessioni nella trilogia degli Appartamenti, un melodramma in costume "Tess", un'opera sull'Olocausto "Il Pianista", un adattamento dai toni horror di " Macbeth". Polanski ama lavorare sul set e  non prendersi sul serio, "Che?" "Pirati" e "The fearless vampire killer" ne esaltano il lato comico e grottesco.  

    HAYAO MIYAZAKI: Uno dei miei primi film visti al cinema è stata "La Città Incantata". Rimasi innamorato delle atmosfere magiche, del mondo fantastico e colorato e di quei personaggi strani e affascinanti. Vedere un film del Maestro ti permette di tornare bambino, d'altronde la grandezza di Miyazaki è nel coniugare lo spirito fanciullesco e l'eterna lotta tra il bene e il male con tematiche più adulte come l'umanesimo, l'ambientalismo e il pacificsmo. 
     
    NANNI MORETTI: Colui che mi ha fatto scoprire e appassionare al cinema d'autore. Michele Apicella ha saputo parlare dei problemi, dei sogni e delle idiosincrasie dei giovani e in seguito della società italiana. L'antipatico per eccellenza o si ama o si odia, a me piace ricordarlo mentre mangia un barattolo gigante di Nutella in piena notte. Sviluppa un senso visionario e profetico nei suoi ultimi lavori "Il Caimano" e "Habemus Papam".    
       

   

 FEDERICO FELLINI: Uno dei più grandi maestri del cinema italiano e non. I suoi film non sono soltanto opere cinematografiche, bensì trattati sull'umanità: la vita, i sogni, la gioventù, la società, la ricchezza, la fede, il sesso, la povertà, il materialismo, la morte, la religione, la mondanità, la vecchiaia, l'ambizione sono tra le tematiche preferite del regista.  



SERGIO LEONE: Idealmente riguarderei per giornate intere la Trilogia del Dollaro, dico idealmente perchè film di questo genere in realtà, sarebbe meglio dimenticarseli per poi riguardarli a distanza di molti anni, in modo tale da vederli come se fosse la prima volta. Regista poco proficuo,  purtroppo oltre la Trilogia ci ha regalato pochi film, ma ci accontentiamo di grandissime opere come "C'era una volta in America" ,"C'era una volta il West" e Giù la testa".    


  
ALFRED HITCHCOCK: Il Maestro del brivido mi ha fatto appassionare e scoprire il cinema classico anche se di fatto Sir. Alfred era un autore dentro il sistema Hollywoodiano. Sottovalutato come regista di genere Hitchcock è puro cinema: può girare quasi un intero film in piano sequenza " Nodo alla gola", oppure regalarci tantissime inquadrature, 70 in 45 secondi in  "Psyco". Fenomenali le sue soggettive, i punti di vista e i movimenti di macchina, dietro i suoi thriller in realtà c'è  grande classe e stile.
  


INGMAR BERGMAN:  Bergman non era un regista, era un uomo dalla cultura e intelligenza fuori dall'ordinario, un artista totale,  uno dei più grandi pensatori del secolo scorso. Chi siamo?  Dove andiamo? Esiste Dio? Questi concetti sono la summa dei suoi film, opere che vanno viste non descritte.  


Giunti quasi al termine specifico che i registi sono presentati in ordine casuale, non c'è alcuna preferenza. Prima di proporre gli ultimi due nomi che sono fuori classifica, per motivi che spiegherò, vorrei nominare registi a cui sono affezionato che purtroppo non ho potuto inserire: Martin Scorsese, John Carpenter, Billy Wilder, David Lynch, Marco Bellocchio, Joel e Ethan Coen, Andrey Zvyagintsev, Steven Spielberg, James Gray, Robert Rodriguez e tanti altri.



  
  


CHRISTOPHER NOLAN: Premio speciale al regista che a prescindere dai periodi o generi o autori cinematografici mi ha fatto scoprire, appassionare e amare il cinema. Grazie.  
  


STANLEY KUBRICK: Semplicemente il Cinema. 


lunedì 14 gennaio 2019

Migliore film della settimana " The Old Man and The Gun"

Robert Redford non è mai stato uno dei miei attori preferiti, di quelli che fanno parte del mio personale Gotha, tuttavia mi è sempre piaciuto e l'ho ammirato anche come persona per il suo impegno sociale. Inoltre è innegabile che film come "Tutti gli uomini del Presidente", "Butch Cassidy" e "La stangata" abbiano contribuito a scrivere una piccolissima parte della storia del cinema.  
  
"The old man and the gun" dovrebbe, a meno di ripensamenti, essere il suo ultimo film, perciò ero curioso di vederlo al cinema e dare l'ultimo saluto all'antidivo per eccellenza, tuttavia da me non lo hanno trasmesso e lo ho visto sul piccolo schermo.  

Il film racconta la vera storia di Forrest Tucker, un settantenne ladro gentiluomo che assieme ai suoi attempati compari fu l'autore di numerose rapine. A prescindere dalla trama( è la mia prima recensione e preciso che da me questa sarà sempre solo abbozzata) non poteva forse esserci migliore uscita di scena per Redford. Il suo personaggio ha fascino e carisma ed è emblema dell'attore, il regista David Lowery, autore dell'interessante "A ghost story" ci mostra  e mette a nudo con dei primi piani coraggiosi il volto ormai anziano del protagonista e noi non possiamo che empatizzare con questo vecchio gentlman.  


 

Il cinema moderno dimostra di avere ancora bisogno dei grandi vecchi attori, nel cast ci sono ancheSissy SpacekeDannyGlover. In particolare i dialoghi tra Redford e l'attrice di Carrie sono commoventi, i personaggi in maniera delicata si interrogano sulla vita e sul tempo che passa. Forrest non si rassegna alla sua età, vuole vivere ad ogni costo e manifesta ciò attraverso le rapine che lo fanno sentire vivo. Difatti è evaso sedici volte dal carcere ed ha sempre ripreso a rapinare banche, non per avidità o denaro. Il suo rapporto con la Spacek lo metterà a confronto con degli interrogativi sul suo ruolo di criminale e sul suo posto nella società. Forrest forse vorrebbe, come tutti, vivere l'età più matura in una casa accogliente con una moglie amorevole, ma la tentazione di evadere dalle finestre è sempre viva.

David Lowery dirige con grazia e stile vintage una storia a ritmo di jazz che in mano ad un altro regista poteva avere un tono totalmente diverso. Si percepiscono i toni fiabeschi  dell'autore di " Un drago invisibile". E' la storia di un criminale che rapina banche eppure non c'è violenza ne grandi scene di azione, piuttosto assistiamo al tramonto di un meraviglioso protagonista, in un racconto così cinematografico che  non poteva non diventare un film. Recitano i titoli di apertura: "This story is mostly true". 


CURIOSITÀ    

  • Redford oltre che attore è rinomato regista, premio Oscar per il miglior film grazie a "Gente comune". 
  • Ha fondato il Sundance Film Festival dove produzioni indipendenti e giovani registi emegenti presentano le proprie opere. Tra gli altri, Soderbergh, Jarmusch e Tarantino, ad inizio carriera.
  • "Leoni per agnelli" da lui diretto, è una delle più interessanti riflessioni sulla guerra e sulla società post 11 settembre.